Il bello dell’Orrido con Andrea Vitali: "I migliori libri della nostra vita..."

In quanto bellanese, Andrea Vitali, cittadino di Bellano (qualificata “Città che legge 2024-25-26“), è stato invitato alla locale rassegna “Il bello dell’Orrido” come lettore?
"Sì, preferisco non parlare dei libri da me scritti (70 romanzi, oltre 4 milioni di copie vendute ndr). Mi darebbe fastidio".
Vera gloria, la sua. Rifuggendo ogni vanagloria, con il curatore Armando Besio che tema ha concordato?
"Dialogheremo su “I migliori libri della nostra vita“, scritti da altri".
Il titolo richiama un’ode musicale.
"Dal sapore fantastico: “I migliori anni della nostra vita“ cantava infatti Renato Zero trent’anni fa...".
Una strofa?
"Ecco: “Penso che ogni giorno sia come una pesca miracolosa /e che è bello pescare sospesi su di una soffice nuvola rosa...”, l’intro".
Lo dice il protagonista della canzone, uno diverso da tutti quelli che vogliono tutto...
"Per poi accorgersi che è niente... ".
Appunto, “un gentiluomo”, come lei, Vitali. Ma qualche impudenza, almeno da ragazzino, l’ha compiuta?
"Neppure per le interrogazioni programmate studiavo. A una di Fisica arrivai con 80 pagine in arretrato. Feci pessima figura. Ma avevo fatto ricerche nella raccolta di libri di famiglia".
Scoprendo?
"Un’opera che elencherò tra i cinque migliori libri della mia vita: “Diario clandestino“ di Guareschi. Scritto, con tono ironico e delicato, dal maestro della Bassa nel lager dov’era stato internato dopo l’8 settembre 1943. Scritto per regalare un sorriso ai compagni: “Non muoio neanche se mi ammazzano”, precisava".
Un antidoto alla sua malinconia?
"Avevo 17 anni quando morì mia madre. E “Il Signore degli Anelli“ ebbe effetto terapeutico. Leggenda e fiaba, tragedia e poema, mi portò alla fine della Terza Era. Fuori dal tempo".
Tra tutti i libri che ha letto, non dev’essere stato facile scegliere...
"I 5 che presento sono legati ad accadimenti della mia vita. “La promessa“ di Dürrenmatt spuntava in cima a 100 libri di un’offerta Einaudi comprati col primo stipendio da medico".
Questo libriccino ci dice impossibile arrivare alla verità e alla giustizia.
"Anche “Il minotauro“ di Dürrenmatt fa del mostro un essere dolce e sensibile e di Teseo un assassino. Invertendo i ruoli, sia pur ribaltando la mitologia, mi ci fece appassionare. Fino alle grandi tragedie classiche: dopo 3.000 anni, modernità straordinaria".
Un modello?
"Di Eschilo, il “Prometeo incatenato“. Detestato da tutti gli dèi, perché amò i mortali oltre misura".
Più familiare a tanti l’autore che ha ambientato i suoi “Promessi Sposi“ sul ramo lecchese del Lario (come lei, Vitali). Non considera Manzoni?
"Solo “non sum dignus” posso rispondere. Mai ho osato scomodarlo".
Un altro autore di storie di lago?
"Piero Chiara: simbolo dei grandi narratori che mi hanno insegnato a scrivere. Di lui, citerò lo zibaldone “Sale e tabacchi“, appunti di varia umanità e di fortuite amenità".
Insomma, attraente questa rassegna “Il bello dell’Orrido” che va ad inaugurare. Ma perché l’attrazione naturale di Bellano così denominata non compare nei suoi romanzi?
"Avrà ampio rilievo nel prossimo. Riconosco, entusiasmò pure Stendhal".
Il Giorno